Stefania Borroni
 è un medico veterinario che, dopo la laurea conseguita presso l’Università di Milano nel 2005, ha ottenuto la specializzazione in Patologia e Clinica degli Animali da Affezione nel 2019 e la certificazione GP-Cert in Small Animal Practice presso l’ISVPS nel 2007. Si occupa di piccoli animali, con particolare attenzione alla chirurgia dei tessuti molli. Grande appassionata di cavalli, ha avuto per anni una cavalla da tiro amatissima, oltre ai tre cani che oggi vivono con lei in Irlanda. Ad agosto si è trasferita lì per lavorare presso una clinica per piccoli animali con due strutture satellite, dove ricopre il ruolo di chirurgo senior e direttrice clinica.

“Ho iniziato a collaborare con ISAO nel 2022, quando lavoravo un giorno a settimana presso il CTO di Vigevano. Una delle fondatrici della scuola era la fisioterapista e osteopata della clinica. Durante le pause pranzo, tra un progetto e l’altro, abbiamo iniziato a confrontarci su ciò che avevamo osservato negli anni facendo lezione ad educatori cinofili e ad altre figure professionali a contatto con gli animali. Ci siamo rese conto che molte persone che si avvicinano a questo mondo, quello degli animali – e quindi dei nostri pazienti – hanno conoscenze di base limitate o confuse. Mi è stato quindi proposto di insegnare le materie di base, a cui tengo particolarmente: anatomia, fisiologia, zootecnia, zoognostica, etologia, oltre ad altri argomenti legati alla mia professione. Ho continuato a collaborare con ISAO perché lo trovo stimolante: ho visto la scuola evolversi, ampliare i propri orizzonti, accompagnare gli studenti in un percorso complesso ma affascinante, in cui l’animale diventa paziente, e la medicina, la fisioterapia e l’osteopatia si fondono attraverso un approccio che mescola teoria e pratica, troppo spesso trascurato nella formazione universitaria. Purtroppo quest’anno sto tenendo le lezioni solo a distanza. Il contatto diretto con gli studenti mi manca molto, ma devo dire che sono talmente coinvolti e partecipi che anche online le interazioni non mancano affatto. Mi auguro di poter continuare questa collaborazione ancora a lungo, accompagnando gli studenti in questo intricato ma bellissimo cammino di conoscenza e di cura.”

Conosciamo meglio la dottoressa Stefania Borroni che oggi, con autorevolezza e passione, contribuisce alla crescita di ISAO (www.istitutoisao.it).

Il suo percorso professionale è ricco di specializzazioni e incarichi di responsabilità. Cosa l’ha spinta, nel tempo, ad affiancare alla chirurgia anche l’insegnamento e la divulgazione scientifica?

Penso che, almeno in parte, sia importante restituire ciò che si è ricevuto, condividendo la conoscenza. Ho studiato e imparato molto, ho avuto buoni e cattivi insegnanti, mentori e colleghi da cui ho appreso. A loro posso restituire poco, spesso nulla, ma posso trasmettere una parte di ciò che oggi so ad altre persone, con la speranza di renderle curiose, motivate, desiderose di porsi nuove domande e quindi di continuare ad apprendere. Lo faccio volentieri nella mia professione quotidiana, così come con le figure professionali che incontro in ambito formativo.

Nella sua esperienza con ISAO, ha evidenziato come molte figure professionali a contatto con gli animali abbiano lacune nelle conoscenze di base. Quanto è importante, secondo lei, costruire solide fondamenta teoriche prima di affrontare la pratica?

Moltissimo. Con solide fondamenta, una “casa” resiste praticamente a tutto. Capita – e capiterà ancora – di imbattersi in nozioni nuove, complesse, a volte sconvolgenti. Avere una buona base teorica consente di sviluppare pensiero critico e capacità di analisi.

Inoltre, ci si sente meno smarriti. Le professioni di cura ci mettono spesso di fronte a casi complessi. Tornare all’anatomia, alla fisiologia, all’etologia, e saper condurre una ricerca bibliografica scientifica, può fare la differenza nel processo decisionale e quindi nella cura del paziente. Nella mia esperienza succede frequentemente. È una risorsa preziosa, così come il confronto con i colleghi. A volte sembra che il lavoro del veterinario, dell’infermiere o dell’osteopata consista soltanto nel “fare”, trattare, risolvere. Ma quella è solo la parte finale, visibile, di un lavoro che si fonda su solide basi teoriche.

Insegna materie chiave come anatomia, fisiologia ed etologia. Come riesce a trasmettere ai suoi studenti l’importanza di questi saperi nella relazione e nella cura dell’animale-paziente?

È una domanda che ho posto prima di tutto a me stessa, prima ancora che agli studenti. Ricordo bene lo smarrimento dei primi anni di università. Il mio obiettivo è aiutare gli studenti, soprattutto quelli all’inizio del percorso, a guardare avanti, alla professione che stanno per intraprendere, e a comprendere il senso profondo dello studio.

Spesso inserisco riferimenti a patologie comuni, sottolineando quanto sia fondamentale conoscere il funzionamento degli organi sani prima di affrontare quelli malati. Questo approccio stimola l’attenzione e genera domande utili: ciò che è sempre stato davanti agli occhi assume un nuovo significato e scatta la voglia di scoprire. Una parte a cui tengo molto è imparare a “leggere” gli animali, a capire come stanno, se e dove provano dolore. È un aspetto essenziale nel lavoro dell’osteopata, che osserva e poi tocca il paziente. E può fare davvero la differenza, anche nella prevenzione degli incidenti.

Ha assistito all’evoluzione della scuola ISAO negli anni. Cosa apprezza maggiormente del suo approccio formativo e quali sono, secondo lei, i suoi punti di forza?

L’approccio di ISAO, che integra teoria, pratica e seminari, lo trovo molto efficace e stimolante. La volontà di formare professionisti completi si concretizza nel tempo: le conoscenze si consolidano e si approfondiscono, e gli studenti vengono accompagnati in modo graduale fino a diventare osteopati pronti ad affrontare la professione. Apprezzo molto anche l’idea di unire mondi che solitamente restano separati, come quello del cane e del cavallo. Questo incrocio di competenze stimola la curiosità, arricchisce la conoscenza e promuove l’umiltà, che credo sia il giusto approccio per chi si prende cura degli animali.

Attualmente vive e lavora in Irlanda come chirurgo senior e direttrice clinica. Cosa ha portato con sé dell’esperienza italiana e cosa sta imparando nel contesto internazionale

Senza dubbio, la curiosità: quella fiamma che permette di imparare sempre. Sentivo il bisogno di ampliare le mie competenze, e per varie ragioni non riuscivo a farlo in Italia. Il Regno Unito era troppo complicato da un punto di vista burocratico, mentre l’Irlanda – che fa parte dell’UE – è stata una scelta naturale, anche per la lingua. Dopo aver risposto a un annuncio, eccomi qui. Vivere all’estero non è come fare una vacanza: può essere complicato, ma anche molto arricchente. Sono stata accolta con calore e, con mia sorpresa, mi è stato chiesto fin da subito di ricoprire il ruolo di direttrice clinica, pur essendo straniera e appena arrivata.

L’approccio con il personale e con i clienti è leggermente diverso rispetto all’Italia, così come il rapporto con gli animali. Qui vengono generalmente rispettati nella loro natura, senza eccessive umanizzazioni. A volte, però, il concetto di fine vita si discosta dal nostro e può risultare difficile da accettare. In generale, però, è un’esperienza molto positiva.

Il contatto diretto con gli studenti le manca, ma continua a insegnare online. Come riesce a mantenere viva l’interazione e l’interesse nella didattica a distanza?

Mi manca moltissimo. Negli anni scorsi abbiamo alternato lezioni in presenza e online, e per me era molto più semplice e arricchente. In presenza si percepiscono segnali importanti: se gli studenti stanno capendo, se sono stanchi, se si annoiano. Le domande arrivano più facilmente, ci si conosce meglio.

Quest’anno, per motivi logistici, non riesco a viaggiare spesso. Con gli studenti che conosco già, il rapporto funziona anche a distanza. Con i nuovi, è un po’ più complicato. All’inizio dell’anno dedichiamo qualche minuto alle presentazioni: mi aiuta a capire chi ho davanti. Durante le lezioni cerco di coinvolgerli con domande e stimoli. Lo spazio per le domande è fondamentale: serve a verificare l’attenzione, ma soprattutto a capire se e cosa è stato compreso. Credo che il valore delle lezioni non risieda solo nella trasmissione delle nozioni, che si possono leggere e studiare autonomamente, ma nella capacità di connetterle, renderle comprensibili e utili nel tempo. Gli studenti rispondono bene a questo metodo, e spesso pongono molte domande. Spero che tutto questo possa ridurre, se non la distanza in chilometri, almeno quella in termini di relazione umana.