Gianna Nannini

Una sensibilità forte quella di Gianna Nannini che dopo 16 anni torna a dare voce alle donne ne ‘La Notte della Taranta‘, trasmesso da Rai2 il 28 agosto alle 22.50. Da qui la scelta dell’artista di riproporre il brano ‘Fimmene Fimmene‘ –  canto di protesta delle tabacchine sfruttate fino agli anni ’70 nel duro lavoro dei campi per la raccolta del tabacco – che già nel 2004 con la sua grinta e voce inconfondibile conquistò il pubblico.

Gianna, dopo aver cantato nel 2004 a ‘La Notte della Taranta’ davanti a milioni di persone, che effetto fa esibirsi in questa edizione a porte chiuse per le misure anti Covid?

Io sono per la contaminazione e per una radical folk come me non ha molto senso fare questo evento senza pubblico perché la Taranta è un rito necessariamente collettivo ma, date le circostanze straordinarie di quest’anno, è davvero molto importante che ci sia, per una continuità, per mantenere alta l’attenzione sulla musica popolare e su un evento internazionale. Anche attraverso la TV qualcosa arriverà.

Dopo 16 anni riproponi al concertone della Taranta ‘Fimmene fimmene’ il canto di denuncia delle tabacchine . Come mai questa scelta?

È un grido di lotta delle donne di un tempo che lavoravano nei campi di tabacco, che riuscirono a lottare per i propri diritti. Anche se oggi la condizione femminile è diversa da quella dell’epoca, tanto nell’ambito lavorativo che fuori, restano nei confronti delle donne molto pregiudizio e mancanza di rispetto. Grazie alle lotte delle lavoratrici e del tabacco anche le donne di oggi possono godere di miglioramenti nella vita e nel lavoro. C’è ancora molto da fare. È molto importante parlarne anche nel canto, come farò insieme alle mie colleghe (Giorgia, Emma, Elisa, Amoroso, Mannoia, Pausini, ndr) passata l’emergenza covid ‘Una, nessuna e centomila‘ il concerto di beneficenza a supporto delle donne vittime di violenza, e spero di portare anche questa canzone.

Qual è il tuo rapporto con la musica popolare?

È di vecchia data. Credo che unendo tutte le musiche del mondo dovremmo portare di più avanti la tradizione, che è già fatta di contaminazione dalla nostra musica, che però non è rispettata come ora lo è la Taranta. Mi sono laureata con l’etno-musicologo Francesco Giannattasio dopo aver studiato a fondo l’opera di Antropologi come Alan lo Marx ed Ernesto de Martino. Penso che tra le forme musicali moderne sia vivo lo spirito della Taranta a cominciare da quella trap in cui l’appartenenza alla lingua è tornata forte. Credo che bisogna fare una cattedra universitaria in cui la gente può apprendere questo tipo di tecnica musicale.

La canzone è tutta in dialetto salentino. Lo hai un po’ imparato?

Non ho mai finito di imparare il dialetto, Io sono toscana ma non ho il dialetto ed è una fatica bestiale, ho fatto lezioni imparare il dialetto salentino. Quando vado sul palco mi sento sempre tarantolata. La possessione avviene, perché in te combini il cielo e la terra dando vita al cosiddetto stato alterato di coscienza.